venerdì 28 maggio 2010

Genesi delle morfostrutture piramidali di Sant'Agata de' Goti e zone limitrofe.

GENESI DELLE MORFOSTRUTTURE PIRAMIDALI
DI SANT’AGATA DE’ GOTI E ZONE LIMITROFE

-analisi macrostrutturale-



di Paolo Balocchi*



Introduzione
In questo breve studio si vogliono descrivere le considerazioni personali rispetto alla descrizione di alcune strutture piramidali in Italia meridionale da parte del ricercatore indipendente Romano (2009) e Barbadoro.

In questo articolo si preferisce sostituire il termine di “struttura piramidale” (Balocchi, 2010) con il termine “morfostruttura piramidale” perché esprime maggiormente i processi genetici che hanno portato alla loro formazione. Infatti si ritiene che tali morfostrutture piramidali siano il risultato dei processi tettonici e successivamente i processi di modellamento superficiale (alterazione chimica e disgregazione fisica unitamente a quelli del dilavamento superficiale) che hanno prodotto le forme e il paesaggio attuale (Balocchi, 2010).

Lo studio prevede le seguenti fasi:
· Ricerca bibliografica inerente alle principali strutture tettoniche dell’area di Sant’Agata de’ Goti a Benevento (Campania) e nelle zone limitrofe;
· Studio delle foto satellitari prese da Google Maps per cartografare le strutture tettoniche alla scala regionale;
· Studio delle immagini satellitari in 3D da Google Maps per cartografare le “morfostrutture piramidali” e riconoscere le morfologie del territorio con particolare attenzione alle morfotettonica (Brancaccio, 1977; 1978; Panizza, 1995).
Tale studio ha lo scopo di descrivere i processi di formazione delle “morfostrutture piramidali” presenti nel territorio di Sant’Agate de’ Goti e nelle zone limitrofe, definendo una probabile ipotesi genetica plausibile con i dati geologici e geomorfologici ricavati dallo studio delle immagini satellitari di Google Maps.

Inquadramento geografico
Secondo quanto esposto dagli autori Romano, (2009) e Barbadoro la piramide presente a Sant’Agate de’ Goti si trova in corrispondenza della “collina Ariella” di altezza 348 m (a nord-ovest del M.te Traverso). Inoltre altre due piramidali si ritrovano a sud-est nei pressi del paese di Moiano (M.te Porrito, 380 m) e ancora più a sud-est nei pressi di Montesarchio. Una nuova piramide è stata rinvenuta nei pressi di Caiazzo (M.te Mesarinolo, 245 m), localizzata a nord-ovest rispetto il paese di Sant’Anna de’ Goti.Le piramidi sopra descritte si allineano lungo una direzione (Romano, 2009) ben visibile dalle immagini satellitari (Google Maps), le quali mostrano un effettivo allineamento secondo una direzione di N 115° (fig. 1).


L’ESEMPIO DI SANT’AGATA DE’ GOTI
Inquadramento geologico
L’are di studio (fig. 2) è caratterizzato a nord-ovest da litologie appartenenti alle Unità Sannitiche rappresentate da Arenarie, calcari e marne di Campoli, mentre nell’area sud e quella ovest sono presenti litologie appartenenti alle Unità Tettoniche Carbonatiche della catena Appenninica, rappresentate da Calcari a Radiolaritidi (nella facies calciruditica), Calciruditi a rudiste e orbitoline, Calacri con Requinie e gasteropodi. Sono presenti anche dei depositi vulcanici appartenenti alle Ignibrite Campana (Carannante C., Stanzione D.).

Analisi delle strutture tettoniche
Nella carta dei principali lineamenti tettonici (fig. 3) vengono descritte le principali faglie a carattere regionale. Un primo sistema di faglie con piano subverticale e andamento rettilineo mostrano una direzione NE-SO (N 40/55°) e un secondo sistema con direzione NO-SE (N 120/130°).
Attraverso la fotointerpretazione delle immagini satellitari di Google Maps insieme alla vista in prospettiva 3D (fig. 4) è stato possibile riscontrare la presenza di altre strutture minori (Fazzini & Gelmini, 1982; Panizza, 1995; Balocchi, 2003) che conservano un orientamento analogo a quelle cartografate alla scala regionale.



Analisi della Geomorfologica
Per quello che riguarda gli aspetti geomorfologici, l’area in esame mostra diverse forme legate a diversi agenti modellanti. Le forme di origine fluviale comprendono ampi terrazzi probabilmente di origine vulcanica per la deposizione delle Ignimbriti Campane e successivamente modellate ed incise dalle acque superficiali formando anche orli di scarpate fluviali lungo il F. Isclero.
Dallo studio correlato delle immagini satellitari e della cartografia topografica (Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare) si è cartografato l’andamento dei crinali. Dal modello in 3D e dalla carta delle forme (fig. 4 e 5) si nota come l’andamento del crinale segue i principali lineamenti tettonici.



La piramide descritta da Romano (2009) (coordinate geografiche: N 41° 5' 51.10", E 14° 31' 23.20" di Grw.) si trova in corrispondenza della cima posta a NO del M.te Traverso e chiamata “collina Ariella” (348 m). Presenta una struttura geometrica tipo piramide con base rombica regolare. Il versante della collina è inclinato con una pendenza regolare di circa 25/30°. Sono presenti forme antropiche come i terrazzamenti a scopo agricolo visibili sul versante nord e nello spigolo a nord una concava di escavazione per cava (Romano, 2009; Barbadoro).
Dall’analisi fotogeologica non si riscontrano superfici strutturali ben conservate quali faccette triangolari se non quella posta sul lato nord della morfostruttura piramidale (Brancaccio e al., 1977; 1978; Panizza, 1995; Panizza & Piacente, 1978; Ufimtsev, 1990; Balocchi, 2010;). Le poche “superfici relitte” (Panizza & Del Vecchio, 1982; Panizza, 1995; Brancaccio e al., 1978) presenti nell’area di studio si presentano con forma planare e regolare, allineate alle principali strutture tettoniche.

LE ALTRE MORFOSTRUTTURE PIRAMIDALI
Descriviamo di seguito le caratteristiche geologico-strutturali e geomorfologiche delle restanti morfostrutture piramidali presenti nelle aree limitrofe a quella di Sant'Agate de' Goti. Tali mostrostrutture di minore importanza presentano un cattivo stato di conservazione a causa di un intenso modellamento ad opera dei processi di alterazione chimica e fisica.

Moiano (N 41° 5' 27.70", E 14° 32' 49.87" di Grw).
Geologicamente l’area è caratterizzata da Calcari con Requinie e gasteropodi e Calcari a Radiolaritidi (nella facies calciruditica). Nell’area sud est sono presenti depositi vulcanici composti da Ignibrite Campana (fig. 6).
Sulla carta geologica viene cartografata una presunta faglia con direzione NO-SE.

Dall’analisi delle immagini satellitari, geomorfologicamente l’area presenta numerosi coni di detrito nella porzione a nord, mentre lungo il F. Isclero sono presenti numerosi orli di scarpata per erosione dei depositi vulcanici.
La morfostruttura piramidale (M.te Porrito, 380 m) si presenta con una forma conica mal definita e poco evidente (fig. 7).

Montesarchio (N 41° 2' 42.19", E14° 40' 24.39" di Grw)
Geologicamente l’area è caratterizzata da depositi colluviali (Chiocchini & Martelli, in stampa).

La morfostruttura piramidale (279 m) si presenta con una forma mal definita, probabilmente dovuta al dilavamento dei depositi superficiali da parte degli agenti meteorologici e dall’acqua di scorrimento superficiale (fig. 8), determinando una morfologia regolare ed ondulata di quasi tutta l’area circostante.

Caiazzo (N 41° 9' 25.29", E 14° 20' 43.05 di Grw)
Geologicamente l’area è caratterizzata da Arenarie di Caiazzo e sul lato est da Calciruditi a rudiste e orbitoline con un contatto tettonico con la precedente formazione sovrastante (fig. 9).

Dall’analisi delle immagini satellitari, geomorfologicamente l’area presenta differenti forme di origine fluviale come gli orli di scarpata lungo il F. Volturno.
La morfostruttura piramidale (M.te Mesarinolo, 245 m) si presenta con una forma conica regolare, e sul lato nord, una conca di escavazione probabilmente una forma di origine antropica (fig. 10) legata all’escavazione per cava.


CONCLUSIONE
Il fenomeno della morfostruttura piramidale di Sant’Agata de’ Goti nella Provincia di Benevento (Campania) e delle aree limitrofe è un fenomeno naturale legato ai processi di erosione e alterazione chimica selettiva lungo le principali direttrici tettoniche.

I dati ricavati dalle carte geologiche e dalla fotointerpretazione mostrano come la struttura piramidale a base rombica e l’andamento del crinale inerente alla piccola catena montuosa composta dalle cime del M.te Guardia (439 m), M.te Traverso (365 m) e la “collina Ariella” (348 m), sono impostate lungo le principali direttrici tettoniche alla scala regionale e locale. Su litologie di tipo carbonatico secondo Brancaccio e alt. (1977, 1978), si impostano superfici di faglia con inclinazione media di 30/40° prossima alla inclinazione della morfostruttura descritta da Romano (2009) e Barbadoro.
Non si sono riscontrate superfici triangolari o trapezoidali rilevanti a causa dei processi morfogenetici che hanno smantellato l’originaria scarpata di faglia variandone la pendenza e generando delle “superfici relitte” (Panizza & Del Vecchio, 1982; Panizza, 1995) planari con inclinazioni di 25/30°.
Alcuni versanti in corrispondenza delle faglie tendono a conservare con notevole fedeltà la planarità dell’originario specchio di faglia. Nel nostro caso i versanti dei rilievi studiati si trovano in corrispondenza dei principali lineamenti tettonici, ma non conservano l’inclinazione dell’originario specchio di faglia (subverticale). Una serie di processi erosivi ha modellato lo specchio di faglia sino alla riduzione della pendenza (impostando il versante attuale di 25/30° di inclinazione; Brancaccio e al., 1977; 1978; Balocchi, 2010) e lasciando alla base del versante un accumulo di detrito (fig. 11).

Anche se i dati relativi alle altre morfostrutture piramidali sono scarsi e poco risolutivi, si ritiene che il “modello di denudazione” (per recessione rettilinea con variazione dell’inclinazione del versante) descrive un’ipotesi genetica coerente coi dati geologici, strutturali e geomorfologici ricavati da questo studio.

Si ritiene anche utile, un ulteriore approfondimento con una campagna di rilevamento mesostrutturale e geomorfologico, allo scopo di verificare la coerenza del modello genetico sopra descritto.


BIBLIOGRAFIA

  • Balocchi P. (2003); Analisi mesostrutturale e macrostrutturale delle strutture fragili presenti nelle unità del Gruppo di Bismantova affioranti tra Zocca eCastel D’Aiano (Appennino modenese e bolognese). Tesi di laurea inedita, Dip. Sc. Terra Università di Modena e Reggio Emilia.
  • Balocchi P. (2010); Genesi della struttura piramidale di Vesallo – Analisi macrostrutturale. GeoR.C.it, pub. n. 1. Consultabile all’indirizzo internet: http://georcit.blogspot.com/2010/05/piramide-di-vesallo.html
  • Barbadoro G. (ignoto); Le piramidi di Benevento (Campania Italia).Consultabile all’indirizzo internet: http://www.eco-spirituality.org/tdgr-prmdbnv.htm.
  • Bosi C. (1975); Osservazioni preliminari su faglie probabilmente attive nell’Appennino centrale. Bol. Soc. Geol. It., 94, pp. 827-859.
  • Brancaccio L., Cinque A., Sgrosso I. (1977); Forma e genesi di alcuni versanti di faglia in rocce carbonatiche: il riscontro naturale di un modello teorico. Rend. Acc. Sc. F.M.S.N.S.L.A. Napoli, ser. 4, 46.
  • Brancaccio L., Cinque A., Sgrosso I. (1978); L’analisi morfologica dei versanti come strumento per la ricostruzione degli eventi neotettonici. Mem. Soc. Geol. It., 19, pp. 621-626.
  • Carannante C., Stanzione D. (in stampa); F° 431 “Caserta Est” alla scala 1:50.000. Consultabile all’indirizzo internet: http://www.apat.gov.it/Media/carg/Rilevamenti_Def/431_CasertaEst/431.htm.
  • Cocchini U., Martelli G., (in stampa); F° 432 “Benevento” alla scala 1:50.000. Consultabile all’indirizzo internet: http://www.apat.gov.it/Media/carg/Allestimento/432_/432.htm.
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  • Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (ignoto); Portale Cartografico Nazionale. Cartografia IGMI scala 1:25.000. Consultabile all’indirizzo internet: http://www.pcn.minambiente.it/.
  • Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (ignoto); Portale Cartografico Nazionale. Cartografia della Pressione di Pascolamento. Consultabile all’indirizzo internet: http://www.pcn.minambiente.it/.
  • Panizza M. (1995); Geomorfologia. Pitagora Editrice Bologna.
  • Panizza M., Del Vecchio R. (1982); Le “superfici relitte” dell’Appennino modenese. C.N.R., P.F. Geodinamica, pubbl. 506.
  • Panizza M., Piacente S. (1978); Rapporti fra Geomorfologia e Neotettonica. Messa a punto concettuale. Geogr. Fis. Din. Quat., 1(2).
  • Romano L. B. (2009); Scoperta una ulteriore piramide in Italia… Vesallo a Reggio Emilia. Consultabile all’indirizzo internet: http://piramidiinitalia.myblog.it/archive/2009/06/19/scoperta-una-ulteriore-piramide-in-italia-vesallo-reggio-emi.html;
  • Romano L. B. (2009); Santa Anna de’ Goti una seconda Visoko? Consultabile all’indirizzo internet: http://it.calameo.com/read/000068410d4a7a3498164;
  • Ufimtsev G.F. (1990); Morphotectonics of the Baikal rift zone (URSS). Geogr. Fis. Dinam. Quat., 13.

sabato 22 maggio 2010

Carta Geologica dell'appennino vogherese tra Sagliano e il Torrente stafora.

CARTA GEOLOGICA DELL’APPENNINO VOGHERESE
TRA SAGLIANO E IL TORRENTE STAFFORA
VARZI (PAVIA)

- rilevamento geologico di campagna -

Paolo Balocchi* Monica Mazzoli* Andrea Pivetti* Gunela Rosenvik


* Laureati in Scienze Geologiche presso Università degli sudi di Modena e Reggio Emilia

INTRODUZIONE
Lo scopo della campagna di rilevamento,svolta tra il 4 e l’8 giugno 2001, e’stato di approfondire lo studio di questo territorio approdando quindi a una piu’ dettagliata caratterizzazione geologica dell’area, rispetto a quanto non fosse gia’ noto in letteratura.
Abbiamo posto particolare attenzione all’interpretazione dell’intricato gioco di faglie che interessa la fascia a nord di Sagliano e alla ricerca di formazioni non individuate da precedenti lavori.

INQUADRAMENTO GEOLOGICO E GEOMORFOLOGICO
La cartina sottostante (fig. 1) illustra l’ubicazione dell’area studiata nei pressi di Varzi (PV).


Una notevole rottura di pendio identificata in gran parte da una scarpata di faglia, suddivide il territorio in due zone con caratteristiche completamente diverse.
L’area a nord di Sagliano,contraddistinta da litologie competenti, presenta una morfologia aspra e notevolmente acclive, completamente boscata.. La zona a sud del paese, in cui affiorano litologie prevalentemente argillose poco competenti, mostra un rilievo dolce spesso interessato da frane attive o quiescenti. Vigneti e frutteti, campi di grano o coltivati a prato sono numerosi in quest’ area adatta all’agricoltura. Il fondovalle e’ interessato da depositi alluvionali in evoluzione e terrazzati di competenza del torrente Staffora.



STRATIGRAFIA E TETTONICA
Le formazioni che abbiamo riscontrato affiorare corrispondono alle Arenarie di M.Vallassa, Marne di M. Lumello, Brecce Argillose 2 e Marne di M. Piano, facenti parte della successione Epiligure; le Argille di Viano delle Liguridi. (per colonna stratigrafica ed eta’ vedi la legenda fig. 4).

Le Argille di Viano affiorano a nord-est di Ponte Crenna lungo una fascia con direzione est-ovest definita da due limiti tettonici che le mettono a contatto con le Brecce Argillose 2 sia a sud sia a nord. Tale striscia, come d’altronde tutta la zona circostante,e’ fortemente tettonizzata ,per cui non abbiamo riscontrato assetti della stratificazione con andamenti omogenei tra i vari affioramenti. La formazione , di natura torbiditica, si presenta prevalentemente costituita da argille scure. A volte sono presenti marne con una sottile stratificazione,di colore grigio e rosa pallido alternate a banchi carbonatici. Questi ultimi hanno uno spessore dell’ordine dei decimetri e una grana arenacea fine, sono assai competenti e presentano patine di alterazione scure; a volte e’ visibile una sottile laminazione. Il suolo in questa zona si differenzia da quello circostante mostrandosi, a volte con buona evidenza, piu’ scuro.

Le Brecce Argillose 2 affiorano in tutta la rimanente parte inferiore della carta. Tendono a calancare per cui gli affioramenti sono numerosi. La formazione consiste in una matrice argillosa scura che ingloba clasti di diversa forma e diversa genesi, spigolosi, di colorazione varia, in prevalenza carbonatici e ricchi in vene di calcite. A sud, le Brecce Argillose 2 sono ricoperti dai depositi del torrente Staffora mentre a nord vengono ricoperte quasi interamente da detriti di versante. In un punto toccano le Marne di M. Piano. Per giustificare il contatto tra queste due formazioni, che in affioramento risulta invertito rispetto alla successione stratigrafica, abbiamo ipotizzato l’esistenza di una piega isoclinale che che fa affiorare anche le sottostanti Argille di Viano.

Il suddetto detrito di versante su cui peraltro e’ costruita la parete bassa di Sagliano, e’ ricoperto da suolo. Occasionalmente al suo interno sono riscontrabili frammenti delle formazioni di M.Vallassa e M.Lumello, comunque fortemente alterati.
Nella zona a ovest di Sagliano, la faglia che crea una notevole scarpata, mette a contatto le Marne di M. Lumello con le Brecce Argillose 2, che supponiamo sussistano al di sotto del detrito di versante. In quest’ area la faglia e’ inversa e abbiamo ipotizzato che essa prosegua verso est. La faglia risulterebbe quindi nella sua globalita’, di tipo rotazionale. Sempre nell’area a ovest di Sagliano, e’ presente un set di faglie minori che interseca, con immersione verso est, la faglia principale. Quest’ultima, come detto sopra, e’ inversa, mentre quelle secondarie sono dirette. Si puo’ ipotizzare che la faglia principale si sia generata durante l’orogenesi, mentre quelle secondarie in una fase distensiva post orogenica.

Sopra le Marne di M.Lumello,con un contatto stratigrafico,sussistono le Arenarie di M. Vallassa che poi continuano ad affiorare verso nord nella parte sommitale del rilievo.
Nella parte alta del paese di Sagliano, non affiora il M. Lumello. Esso pero’ manifesta evidentemente la sua presenza appena fuori dal paese andando verso ovest, subito dopo un canalone. Sembra quindi ipotizzabile che lungo tale canalone sussista una faglia sub-verticale che sposta e fa riaffiorare a ovest le Marne di M. Lumello. L’esistenza di tale faglia e’ inoltre supportata dalla presenza lungo il canalone di assetti assai irregolari del M. Vallassa che indicherebbero una fascia alquanto sblocchettata dalla tettonica.

Per conferire maggiore scorrevolezza alla precedente trattazione, abbiamo preferito limitarci a citare alcune delle formazioni interessate, che qui di seguito saranno meglio descritte.
Facilmente si individuano le Marne di M. Piano anche grazie alla presenza di una frana attiva rappresentata in carta. Esse si presentano con una matrice prevalentemente marnoso-agillosa che assume spesso una colorazione a bande rosate e grigie. All’interno sono presenti intercalazioni carbonatiche e silicee.

La Formazione di M. Lumello, contrassegnata da una buona competenza, e’ prevalentemente marnosa, caratterizzata da un cemento non completamente carbonatico ma in parte siliceo. Numerose sono le intercalazioni arenacee a grana medio-fine e presenta una colorazione grigio chiaro con patine di alterazione nere e giallastre.

Le Arenarie di M. Vallassa, che corrispondono a depositi di redistribuzione di materiale deltizio, assumono una granuometria da medio-fine a grossolana e spesso evidenziano una ben visibile stratificazione con strati da medi a spessi (10-50 cm). Tipicamente presentano un colore giallastro o nerastro dovuto in gran parte all’alterazione. La loro competenza e’ notevole e sono consolidate da un cemento carbonatico. Sono ricorrenti le tracce di bioturbazione e piccolissimi frammenti di fossili.





CONCLUSIONI
Dal punto di vista strutturale si è riscontrata la presenza di una piega sinforme a geometria isoclinale, formatasi durante il processo orogenetico che ha portato alla formazione della catena Appenninica. La piega si è generata in età più antica rispetto alla formazione del M. Lumello.
Successivamente in età più recente, le formazioni deposte sono state dislocate da faglie inverse, parallele tra loro e legate geneticamente, che hanno portato a contatto formazioni di epoche diverse.
Durante il rilevamento abbiamo trovato delle faglie dirette di entità minore (nelle formazioni di M.te Vallassa e M.te Lumello), non cartografabili; ipotizziamo che la presenza di queste strutture sia causato da fenomeni distensivi durante i periodi di stasi del corrugamento.









martedì 18 maggio 2010

Genesi della struttura piramidale di Vesallo.

GENESI DELLA STRUTTURA PIRAMIDALE DI VESALLO
-analisi macrostrutturale-

di PAOLO BALOCCHI*


(*) laureato in Geologia presso l’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia

Introduzione
In questo breve studio si vuole descrivere le considerazioni personali rispetto alla scoperta di alcune strutture piramidali in Italia. Si farà riferimento alla struttura di Vesallo a Reggio Emilia descritta di recente da ROMANO (2009) e CORRADI (2009).

Lo studio prevede le seguenti fasi:
· Ricerca bibliografica inerente alle principali strutture tettoniche dell’area di Vesallo;
· Studio delle foto satellitari prese da Google Maps per cartografare le strutture tettoniche alla scala regionale e la morfologia delle piramidi;
al fine di descrivere i processi genetici della struttura piramidale.

Inquadramento geografico e geologico - geomorfologico
La struttura piramidale (coordinate geografiche: N 44° 26' 22.46" E 10° 32' 13.83" di Grw.) si trova nel territorio di Reggio Emilia, tra il paese di Vesallo e quello di Savognatica situati a sud-ovest di Carpiteti (fig. 1).

Il paesaggio è caratterizzato da litologie appartenenti alla Successione Epiligure (BETTELLI E ALT., 1989a e 1989b) caratterizzata una litologia arenarceo – conglomeratici e al tetto da torbiditi pelitiche (MARTELLI E ALT., 1996). Queste litologie appartengono alla Formazione di Ranzano. Sulla base delle caratteristiche sedimentologiche è possibile differenziarle e suddividerle in differenti membri: Membro della Vall Pellosa e il Membro di Varano dei Melegari, entrambe cartografati dal Servizio Geologico, Sismico dei Suoli della Regione Emilia - Romagna (Fig. 2).

Dal punto di vista geomorfologico, l’area di studio presenta un alto topografico conincidente con la struttura piramidale ruotata in senso orario di circa 15° rispetto la direzione del nord. La base della piramide mostra una forma quadrata, con i lati esposti a nord e a ovest rettilinei ben definiti (lati certi), mentre il lato a est è in parte definito e tracciabile e in parte mal definito. Il lato a sud è mal definito e non tracciabile a causa delle pratiche agricole (lati incerti; fig. 3).

Interessante è il lato a ovest che mostra una forma geometrica regolare con una superficie pianeggiante e inclinata con un angolo di circa 25/30° (ROMANO, 2009; CORRADI, 2009). Tali forme vengono descritte da diversi autori come “faccette trapezoidali e triangolari” (PANIZZA, 1995; PANIZZA & PIACENTE, 1978) classificate in modo differente a secondo della posizione in cui si trovano (UFIMTSEV, 1990).
BRANCACCIO E ALT. (1977) anno descritto alcuni esempi tipici che si possono osservare nei rilievi calcarei dell’Appennino meridionale. Il profilo che l’autore descrive, mostra un andamento lineare e una inclinazione di 35°.

Analisi delle strutture tettoniche
Dalla carta geologica (fig. 2) si possono notare le principali faglie cartografate presenti nell’area di studio. Attraverso la fotointerpretazione delle immagini satellitari, prese da Google Maps, è possibile definire l’ubicazione e la geometria delle diverse strutture tettoniche presenti nell’area che sono rappresentate da netti sistemi di faglie per lo più ad alto angolo (fig. 4).

Dai dati raccolti attraverso l’analisi delle carte geologiche e dalla fotointerpretazione delle immagini satellitari, si sono individuati nell’area in studio due sistemi principali di strutture tettoniche:
· Sistema NE – SO: con una orientazione di circa N 50°/60° e denominato in letteratura scientifica come “sistema antiappenninico” perché taglia l’asse della catena appenninica in senso trasversale;
· Sistema NO – SE: con una orientazione di circa N 300° e denominato in letteratura scientifica come “sistema appenninico” perché è parallelo all’asse della catena appenninica (longitudinale);
I due sistemi si intersecano con un angolo prossimo ai 120°. Tale analisi geometrica è concorde con altre pubblicazioni che descrivono l’assetto strutturale dell’Appennino settentrionale (FAZZINI & GELMINI, 1982; BOCCALETTI E ALT., 1977, 1980, 1985; BETTELLI E ALT., 1989a, 1989b; PAPANI E ALT., 1987; BETTELLI, VANNUCCHI & CAPITANI, 2001; BETTELLI, PANINI & CAPITANI, 2002; BALOCCHI, 2003). Inoltre è presente un sistema con orientazione N 20° non cartografato nella carta geologica ma con pronunciate evidenze geomorfologiche riscontrabili dallo studio delle immagini satellitari (fig.4)
Sul lato ovest della struttura piramidale e leggermente più a valle si ritrova una superficie planare di forma trapezoidale inclinata mediamente di 20/25°.

Conclusione
Il fenomeno della struttura piramidale di Vesallo nella Provincia di Reggio Emilia è un fenomeno naturale legato ai processi di erosione e alterazione chimica selettiva lungo le principali direttrici tettoniche successive al movimento dei due blocchi.

I dati ricavati dalle carte geologiche e dalla fotointerpretazione mostrano come la struttura piramidale è ruotata di un angolo N 15° (fig. 3) e il lato certo della struttura piramidale situato a nord è allineato secondo il "sistema appenninico" (N 300°) mentre il lato ad ovest della struttura è allineato secondo le strutture tettoniche con spiccate evidenze geomorfologiche che alla scala macroscopica possono rappresentare faglie associate a quelle con direzione appenninica. L’incertezza dei due lati posti a est e sud è dovuta con molta probabilità ai processi di modellamento naturale e antropico.
La superficie triangolare sul lato ovest della piramide è correlabile a quella di maggiore estensione e di forma trapezoidale posta a una quota topografica più bassa sempre sul versante ovest della montagna. Entrambe le due superfici presentano la medesima inclinazione di 25/30° molto prossima a quella descritta da BRANCACCIO E ALT. (1977).
Con il progredire del tempo geologico, gli sforzi tettonici in atto in tale regione hanno portato alla dislocazione dei diversi blocchi della Formazione di Ranzano, generando delle scarpate di faglia (superfici strutturali pianeggianti più o meno estese, fig.5).




Successivamente i processi erosivi e quelli di alterazione fanno arretrare la scarpata di faglia formando le faccette triangolari come quelle preseti nella parte alta del versante (faccetta sommitale in corrispondenza di una faglia minore) e quella trapezoidale (faccetta basale) nella parte bassa, entrambe con una inclinazione intorno ai 25/30° (fig. 6).

Lo studio condotto mostra come i processi fisici e chimici in corrispondenza dei principali lineamenti strutturali possa generare delle strutture piramidali molto simili a quelle che in passato sono state costruite dall’uomo. Non un modellamento da parte dell’uomo, ma un lungo processo geologico che ha formato queste curiose strutture.

Per verificare l'ipotesi descritta è necessario uno studio mesostrutturale alla scala dell'affioramento, dove misurare l'orientazione dei piani di faglia e verificare l'effettivo parallelismo con le strutture macroscopice e i lati della struttura piramidale.

Bibliografia
BALOCCHI P. (2003); Analisi mesostrutturale e macrostrutturale delle strutture fragili presenti nelle unità del Gruppo di Bismantova affioranti tra Zocca eCastel D’Aiano (Appennino modenese e bolognese). Tesi di laurea inedita, Dip. Sc. Terra Università di Modena e Reggio Emilia.
BETTELLI G., BONAZZI U., FAZZINI P., GASPERI G., GELMINI R., PANINI G. (1989a); Nota illustrativa alla Carta geologica dell’Appennino modenese e zone limitrofe. Mem. Soc. Geol. It., 39 (1987), pp. 487-498.
BETTELLI G., BONAZZI U., FAZZINI P.,PANINI G. (1989b); Schema introduttivo alla geologia delle Epiliguridi nell’Appennino modenese e nelle aree limitrofe. Mem. Soc. Geol. It., 39 (1987), pp. 215-246.
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