martedì 21 settembre 2010

Considerazioni geologiche, tettoniche e geomorfologiche delle isole Tremiti

Balocchi P. (1) & De Luca G. (2)


Riassunto: Le isole Tremiti richiamano ogni anno migliaia di turisti da tutto il mondo. Le meraviglie osservate, ammirate e fotografate ogni giorno non sono altro che l’effetto del corso della natura in milioni di anni. Dall’esperienza turistica nasce un approfondimento dettagliato della formazione e della storia dell’arcipelago da un punto di vista geologico e litologico. Un percorso turistico ad alto contenuto scientifico.

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(1) Geologo del GeoResearch Center Italy - GeoBlog (sito internet: http://www.geobalocchi.blogspot.com/); 
(2) Geometra e collaboratore del GeoResearch Center Italy - GeoBlog (sito internet: http://www.ricercasperimentale.blogspot.com/).


Introduzione
L'Arcipelago delle Tremiti è costituito da tre isole più grandi (San Domino, San Nicola, Caprara), da un isolotto più piccolo (Cretaccio) e da un'ulteriore piccola isola spostata verso est di circa 10 miglia (20 chilometri), denominata Pianosa. L’arcipelago è localizzato a Nord del promontorio del Gargano e a 12 miglia (22 chilometri) dalla costa del Molise.
Si tratta quindi di piccoli isolotti (due chilometri quadrati per l’isola più grande di San Domino) facilmente percorribili a piedi e circumnavigabili in due ore utilizzando piccole imbarcazioni.

Aspetti litologici
La successione affiorante è caratterizzata da litologie sedimentarie di origine marina di età compresa fra il Paleocene ed il Pliocene medio su cui segue, in discordanza angolare (angular unconformity), una successione continentale clastica del Pleistocene medio-superiore (fig. 1).

La successione marina viene rappresentata prevalentemente da una serie calcarea, calcareo-dolomitica e calcareo-marnosa che passa verso l’alto a una serie di mare aperto con liste e noduli di selce, per chiudere con delle calcareniti di ambiente neritico. Dal basso verso l’alto, sono distinte le seguenti unità litologiche (SELLI, 1971; CHANNELL, 1979; BROZZETTI, 2006): Formazione del Bue Marino (dolomie-calcaree e calcareniti organogene biocostruite di ambiente neritico; Paleocene superiore,), Formazione di Caprara (dolomie compatte con noduli e liste di selce di ambiente pelagico; Eocene inferiore), Formazione di San Domino (comprendente varie litofacies di acqua bassa: calcareniti a Nummuliti e Calcari organogeni biocostruiti; Eocene inferiore-medio), Formazione del Cretaccio (dolomie calcareo glauconitiche e marne gialle, giallo-biancastre, di ambiente variabile da litorale a mare aperto; Langhiano-Messiniano p.p.), Formazione di San Nicola (calcari dolomitici in discordanza angolare sulla Formazione del Cretaccio e al tetto calcari organogeni di mare basso e riccamente bioclastica; Messiniano p.p., Pliocene medio) (fig. 2).

I depositi continentali (MONTONE, 1989; BROZZETTI, 2006), raramente affioranti in successione completa, sono caratterizzati alla base da conglomerati calcarei (Pleistocene medio) seguiti da alcuni metri di calcari marnosi (Pleistocene medio), e da una successione di depositi sabbioso-siltosi di origine eolica (Loess Rosso e Loess Giallo del Pleistocene medio-sup., Loess Bruno del Pleistocene sup.) contenenti sporadiche intercalazioni ghiaiose. Dalla decalcificazione dei loess derivano infine i caratteristici “crostoni” intercalati, a più livelli, entro la successione continentale.

Aspetti tettonici
Le Isole Tremiti si presentano con un assetto stratigrafico immergente a SE (costa meridionale dell’isola di San Domino in fig. 3) e direzione NE-SO definendo un rilievo a monoclinale (fig. 4), che rappresenta il fianco meridionale di una blanda piega con piano assiale verticale e linea di cerniera con direzione N60 (diagramma p-greco fig. 1) (SELLI, 1971; MONTONE, 1989; BROZZETTI, 2006).


Tale assetto strutturale è ben visibile nell’isola di Caprara (fig. 4) che mostra la superficie topografica planare e debolmente inclinata verso sud immergendosi nel mare Adriatico, mentre a nord la costa si mostra più ripida e irregolare.


Lungo la costa NO dell’isola di San Nicola è visibile il contatto in discordanza angolare tra la Formazione del Cretaccio e la sovrastante Formazione di San Nicola (Fig. 5). Da notare l’ampia piega che deforma la Formazione del Cretaccio e le faglie normali che tagliano entrambe le formazioni.

Altre strutture sono visibili in corrispondenza della Grotta del Bue Marino (fig. 6 e 7) dove è possibile notare sia l’assetto stratigrafico con immersione a SE, sia numerose faglie.




Un struttura interessante è la “presunta faglia probabilmente attiva” localizzata e affiorante nella parte alta dell’isola di San Nicola (fig. 8). Il rigetto (spostamento dei due blocchi) rappresenta un movimento trascorrente e probabilmente sinistro, messo in evidenza dal gradino che si è formato tra i due blocchi. Infatti, in condizioni di non attività della faglia (faglia ferma e non in movimento), i processi erosivi avrebbero dovuto livellare i due blocchi senza mostrare il gradino (PANIZZA, 1995; PANIZZA, 1988).


Aspetti geomorfologiciDal punto di vista geografico e turistico è la morfologia costiera quella che attrae il visitatore, divenendo l’elemento predominante del paesaggio.
Tale morfologia può essere racchiusa in tre morfotipi principali:
  • costa alta a falesia: caratterizzata dalla presenza di una scarpata verticale (a strapiombo sul mare) generalmente rocciosa e formata dall’azione erosiva del moto ondoso sulle rocce (fig. 5 e 9);
  • costa rocciosa bassa e degradante verso il mare: spesso la linea di costa è frastagliata ed articolata in ampie insenature (fig. 3, 4 e 10);
  • costa sabbiosa bassa: l’unica presenza è nella cala delle Arene nell’isola di San Domino.



Si possono distinguere le falesie vive se la scarpata è a diretto contatto con il mare e soggetta ai processi di erosione marina (fig. 5 e 9). Quando ai piedi della scarpata si accumulano dei sedimenti (di diversa natura: sabbia litorale, detrito di versante, frane) che la separano dal mare e quindi i processi erosivi del moto ondoso non la modificano la sua forma, si parla di falesia morta (fig. 11).
Il processo di formazione di una falesia può essere schematizzato di seguito (PANIZZA, 1995) (fig. 12):
  • Scarpata a contatto diretto con il mare dove i processi di alterazione chimica e disgregazione fisica accentuano le fessure delle rocce nella parte alta della falesia;
  • Le azioni di erosione marina scavano un solco di battente alla base della falesia (fig. 13);
  • Crollo di una porzione della scarpata;
  • Accumulo del detrito ai piedi della falesia che possono essere allontanati dal moto ondoso e quindi il processo continua (falesia viva), oppure se i depositi persistono senza essere allontanati, proteggono la base della scarpata dall’erosione del mare determinando una falesia morta.
Altre forme caratteristiche delle isole sono rappresentate dalle numerose insenature lungo la costa a formare delle piccole baie denominata “cala” (Cala del Bue Marino, fig. 6 e 7, Cala delle Murene fig. 13, Cala degli Inglesi, Cala delle Rondinelle, ecc.). Associate ad esse sono le numerose grotte litorali di origine carsica localizzate soprattutto lungo le coste dell’isola di San Domino.
La Grotta del Bue Marino (fig. 6 e 7) è una cavità a forma di cupola tondeggiante e leggermente allungata in direzione NE-SO. L’imboccatura direttamente sul mare è stretta e bassa. La Grotta delle Viole (fig. 14) si presenta come una cavità a forma tonda con apertura direttamente sul mare e di forma rettangolare (la forma dell’apertura è influenzata dalla stratificazione), mentre la porzione terminale della grotta si apre verso l’alto, mostrando il cielo (grotta a pozzo; fig. 14 e 15).
La genesi delle grotte (CASTIGLIONI, 1978; PANIZZA, 1995) di San Domino è legata alla dissoluzione delle rocce carbonatiche da parte delle acque meteoriche che alterano le litologie sulla superficie topografica mentre l’acqua marina attacca dal basso. Per effetto dissolutivo si formano delle cavità all’interno della roccia che si allargano formando, inizialmente, una piccola grotta generalmente a forma di cupola e invasa dalle acque marine (a testimonianza che il carsismo procede dal basso, per maggiore alterazione chimica da parte dell’acqua del mare). L’assottigliamento della volta, in tempi successivi, provoca il suo collasso per gravità formando un’apertura verso l’alto. I detriti che si depositano all’interno del piccolo bacino possono essere successivamente allontanati per effetto del trasporto da parte del moto ondoso.



La diversità tra le grotte lungo la costa NO e quelle lungo la costa SE di San Domino è legata alla struttura monoclinalica dell’isola (rilievo a cuesta; PANIZZA, 1995). Infatti a SE le coste sono basse e i processi di dissoluzione con maggiore facilità possono formare delle grotte a pozzo con la volta collassata, mentre lungo le coste alte a NO, la successiole stratigrafica presenta uno spessore maggiore e quindi più resistente ai processi di alterazione permettendo il formarsi di grotte a cupola (in prossimità del mare) e non a pozzo con il succesivo collasso della volta.
Con molta probabilità le piccole baie dell’isola di San Domino, possono essersi formate a causa dei processi carsici che inizialmente hanno generato una grotta a forma di pozzo con la volta collassata. I processi erosivi del moto ondoso insieme ai processi di alterazione chimica, hanno messo in collegamento il piccolo bacino interno con il mare formando così una piccola baia, che con il passare del tempo si è allargata fino alla conformazione attuale (fig. 15).
Altre forme di dissoluzione dei carbonati sono rappresentate da piramidi e scanalature dovute al ristagno di acqua lungo le fratture e sulla superficie della roccia che la altera chimicamente. Dopo l’allontanamento delle acque di ristagno vengono messe in luce le forme di dissoluzione (fig. 10).


Numerosi depositi di versante ricoprono le coste NE e NO dell’isola di San Nicola. Una frana per scivolamento rotazionale di notevole entità e probabilmente attiva, è localizzata lungo la costa NE (fig.16) con il distaccamento di alcuni blocchi evidenziato dall’apertura delle fratture e dal loro ribassamento rispetto il piano campagna, mentre nella parte bassa è visibile del detrito di versante a differente granulometria. Una frana per ribaltamento lungo la costa NO (fig. 11) mostra un blocco leggermente ruotato in direzione nord e alla base del versante è visibile una spessa coltre detritica.



Storia geologica delle isole TremitiLe prime indagini e le prime attenzioni arrivarono alla fine del XIX secolo e durante i primi anni del XX secolo. Le isole Tremiti furono oggetto infatti di ricerche rivolte ad identificare l'età e la natura dei suoli.
Fu un periodo molto attivo di studi, durante il quale si gettarono le fondamenta delle conoscenze delle isole Tremiti. Da subito si pensò seriamente ad inquadrarle nel più vasto ambito scientifico dei rapporti geologici tra la penisola italiana a ponente e la penisola balcanica a levante.

Le isole infatti sarebbero state una grande passerella calcarea che avrebbero congiunto il promontorio del Gargano con la Dalmazia e che avrebbe diviso in 2 bacini il mare Adriatico, lasciando a sud la depressione Ionico-Adriatica ed a Nord la fossa Adriatica, che raggiunge la profondità di 200 metri a largo di Ancona.
Le vicende geologiche che hanno portato prima alla formazione delle rocce che costituiscono l'arcipelago e successivamente alla genesi dello stesso, si sono svolte in un arco di tempo durato circa 200 milioni di anni. All'inizio di tale periodo, i geologi fanno risalire la frattura della Pangea, il supercontinente che si ritiene includesse tutte le terre emerse. All'inizio dell'allontanamento delle placche (o zolle) così determinatisi ne conseguì l’apertura di distese oceaniche. Lo spazio gradualmente formatosi fra la zolla africana e quella euroasiatica fu occupato dalla Tetide, un immenso oceano sul cui fondale si sono formate le spesse piattaforme carbonatiche (di cui fanno parte anche le rocce delle Tremiti) a seguito della sedimentazione, protrattasi per circa 120 milioni di anni, dei resti carbonatici di innumerevoli organismi marini.
Successivamente, i movimenti tettonici determinarono il ravvicinamento della zolla africana e di quella euroasiatica, causando la frattura, l'accavallamento e l'emersione di parte delle piattaforme carbonatiche.
Gli eventi geologici che hanno interessato il Mediterraneo ed in particolare il bacino Adriatico negli ultimi 65 milioni di anni (durante il Cenozoico e il Quaternario), hanno portato alla configurazione attuale dell'arcipelago delle Tremiti.

Durante il Quaternario, le isole Tremiti, già emerse, sono state interessate da processi di erosione e modellamento, principalmente a causa delle variazioni del livello marino dovute alle glaciazioni.
E’ proprio a questo ultimo periodo che si fa risalire la formazione dei sedimenti continentali (löess, crostoni calcarenitici, conglomerati e ghiaie) che coprono le più antiche rocce carbonatiche di origine marina rappresentate principalmente da dolomie, calcari e doloareniti.

La testimonianza di una evoluzione geologica dell’area delle Tremiti risulta essere lunga e travagliata. Ne sono testimonianza la morfologia, le strutture geologiche (piani di stratificazione, inclinazione e piegamento degli stessi, piani di faglia), nonché la presenza di resti fossili di organismi inconfutabilmente legati all'ambiente marino quali conchiglie, coralli, resti scheletrici di pesci.


Bibliografia

  • AA.VV; Isole Tremiti, geologia. Consultabile all’indirizzo internet: http://tremiti.planetek.it/6g/6g.htm.
  • AA.VV; Isole Tremiti, geomorfologia. Consultabile all’indirizzo internet: http://tremiti.planetek.it/6g/6g_m.htm.
  • AA.VV; Il portale delle isole Tremiti. consultabile all’indirizzo internet: http://www.lecinqueisole.it/.
  • BROZZETTI F., D’AMATO D., PACE B. (2006); Complessità delle strutture neogeniche nell’avampaese adriatico: nuovi dati strutturali dalle Isole Tremiti. Rend. Soc. Geol. It., 2, Nuova serie, pp., 94-97.
  • CASATI P. (1985); Scienze della terra. Elementi di geologia generale. Clued Editrice.
  • CASTIGLIONI G.B. (1978); Geomorfologia. UTET Edizioni, Torino.
  • CHANNELL J. E. T., D’ARGENIO B., HORVATH F. (1979); Adria, the African promontori, in mesozoic mediterranean paleogeography. Earth. Sci. Rev., 15.
  • MONTONE P., FUNICIELLO R. (1971); Elementi di tettonica trascorrente alle isole Tremiti (Puglia). Rend. Soc. Geol. It., 12, pp. 7-12.
  • PANIZZA M. (1995); Geomorfologia. Pitagora Editrice, Bologna.
  • PANIZZA M. (1988); Geomorfologia applicata. Nuova Italia Scientifica Editrice, Roma.
  • SELLI R. (1971); Isole Tremiti e Pianosa. Note Illustrative della Carta Geologica d’Italia, F. 156 S. Marco in Lamis, pp. 49-65.

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