domenica 25 agosto 2013

Sismotettonica delle sequenze sismiche della Garfagnana e Lunigiana (Appennino Tosco-Emiliano)

Paolo Balocchi 1 Giulio Riga 2



Riassunto: Lo studio delle sequenze sismiche della Garfagnana e Lunigiana ha messo in evidenza il regime attuale distensivo del retropaese appenninico, legato al movimento lungo faglie, che si sono riattivate o si sono formate durante i terremoti del 25 gennaio e 21 giugno 2013. Tali strutture possono essere descritte come faglie normali di di ralay-ramp con una distensione N-S, che accomodano la deformazione tra le master faults della Lunigiana e Garfagnana. Associate a queste strutture si evidenziano delle faglie trascorrenti dette tear-fault con direzione antiappenninica che giocano un ruolo di svincolo cinematico tra la struttura sismogenetiche della Garfagnana Nord e quella Sud. Tali strutture si possono collocare all'interno di un quadro tettonico ben preciso e rappresentato da un piano di subduzione formato dalla microplacca Adria che scorre verso SW sotto la placca Europa. Il piano arretra progressivamente per effetto del roll-back determinando un regime estensivo con direzione variabile da N-S a NE-SW, nella zona del retropaese dell'Appennino Tosco-Emiliano.





(1) Geologo del GeoResearch Center Italy – GeoBlog (sito internet: www.georcit.blogspot.com; mail: georcit@gmail.com).
(2) Geologo e collaboratore del GeoResearch Center Italy - GeoBlog (mail: giulio.riga@tin.it).  
________________________________________
GeoResearch Center Italy - GeoBlog, pub. n° 2 (2013), ISSN: 2240-7847.

Introduzione
Il versante toscano, che rappresenta il retropaese dell’Appennino settentrionale, costituisce un’area di transizione, tra il bacino tirrenico in apertura e la zona frontale adriatica in compressione (Boccaletti e al., 1994). Quest’area si chiude verso NW in Lunigiana e Garfagnana (Bartolini e al., 1983; Mantovani e al., 2010), sede delle ultime sequenze sismiche del 25 gennaio e 21 giugno 2013.
Si vogliono discutere di seguito i dati sismologici e le strutture tettoniche presenti nel settore della Lunigiana e Garfagnana, al fine di definire il modello sismotettonico dell’area che ha generato gli ultimi terremoti.

Inquadramento tettonico regionale
L’Appennino settentrionale è una catena a falde (Elter, 1960; Reutter, Groscurth, 1978) facente parte del sistema alpino, formatosi durante il Terziario in seguito alla collisione tra due blocchi continentali rappresentati dalla zolla Europea e dalla microplacca Adria, inizialmente connessa alla zolla Africana (Boccalletti e al., 1971; Boccalletti, Guazzane, 1972). L’edificio appenninico è costituito da una pila di unità tettoniche riferibili a tre principali domini: il Dominio Ligure, i cui sedimenti si sono deposti originariamente su crosta oceanica (Liguri s.l., Auctt.), il Dominio Subligure, sviluppatosi sulla crosta assottigliata africana adiacente alla zolla oceanica, il Dominio Tosco-Umbro-Marchigiano, rappresentato da successioni del margine continentale dell’Adria la cui età inizia a partire dal Triassico.
La storia geologica dell’Appennino che porta alla sua struttura attuale, avviene in tempi successivi, ed è caratterizzata dalla sedimentazione durante il Cretaceo-Eocene medio (Fase Eoalpina) e la messa in posto dei sedimenti Liguri, Subliguri e Tosco-Umbro-Marchigiani all’interno del Bacino Ligure-Piemontese che è diviso in domini paleogeografici distinti come descritto in precedenza (Boccaletti, Guazzone, 1970; Abbate, Bruni, 1989; Chicchi, Plesi, 1992). A partire dal Cretaceo Superiore, si ha l'inizio della chiusura del bacino Ligure-Piemontese con la formazione di una subduzione e il relativo prisma di accrezione (Riguzzi e al., 2010) che porta alla strutturazione dell’edifici appenninico.


Figura 1: Modello della subduzione della placca Adria al di
sotto della placca Europea, con la relativa Catena Appenninica.
(modificato da: Doglioni 1991).

Il modello tettonico attuale (fig. 1) che spiega la struttura dell’edificio appenninico è quello della tettonica a placche rappresentato dallo scontro tra la placca Europa e quella Adria (un frammento di quella africana). La collisione tra le due placche forma un piano di subduzione inclinato di 65°-70° circa che immerge verso SW della microplacca Adria che scorre al di sotto della catena appenninica formatasi sulla placca Europa (Doglioni e al., 1991; Riguzzi e al., 2010; Balocchi, 2011).
L’Appennino settentrionale può essere diviso in aree omogenee dal punto di vista della strutture deformative litosferiche. Infatti il retropaese appenninico corrispondente al versante tirrenico, è denominato da diversi autori come Internal Belt (BARTOLINI e al., 1983; BOCCALETTI e al., 1985), caratterizzato dallo sviluppo di bacini intermontani con direzione appenninica. La formazione e l’evoluzione di tali bacini, è legata esclusivamente alla tettonica distensiva (Trevisan, 1952; Giglia, 1974; Lazzarotto, Mazzanti, 1976; Ambrosetti e al., 1979; Bossio e al., 1993; Martini, Sagri, 1993) lungo le fosse tettoniche in corrispondenza dei bassi strutturali e limitate dagli alti strutturali da sistemi di faglie normali coniugate, che determinano un regime distensivo dell’area.
Le fosse tettoniche della Lunigiana e Garfagnana rappresentano due struttura distensive in direzione NE-SW, costituite da due graben asimmetrici limitati da faglie bordiere e dagli horst laterali (fig. 2)(Mantovani e al., 2010). La faglia principale è rappresentata da un livello di scollamento denominato “faglia Liguride” (Mantovani e al., 2010) ben visibile sulle linee sismiche (Argnani e al., 1997), ed ubicata al tetto delle unità del basamento, posta grossomodo ad una profondità variabile e compresa tra i 5 e i 10 km (Anelli e al., 1994). Questa superficie di scollamento è inclinata verso NE di circa 30° e viene utilizzata dai principali sistemi di faglie normali listriche che rappresentano le strutture bordiere dei graben della Lunigiana e Garfagnana (Finetti, 2010; Mantovani e al., 2010).

Figura 2: Schema strutturale prospettico delle strutture 
a horst&graben della Toscana settentrionale con evidenziate 
le principali faglie riconosciute nella zona. In particolare
la “faglia Liguride”, immergente a basso angolo verso NE e
le faglie “secondarie” associate. B.L.= Bacino della Lunigiana,
B.S. = Bacino di Sarzana, B.V. = Bacino del Vara
(modificato da Bernini, Papani, 2002).
Associate alle strutture horst & graben si ritrovano strutture tettoniche ad andamento antiappenninico, denominate in letteratura come linee trascorrenti con una notevole evidenza geomorfologica già evidenziata in passato da numerosi autori (Ghelardoni, 1965; Gelmini, 1974; Boccaletti e al., 1981; Fazzini, Gelmini, 1982; Castellarin e al., 1986; Perlotti, 1991). Anche i dati sismici (distribuzione degli epicentri e ipocentri) mettono in evidenza la loro presenza e la sismicità delle faglie antiappenniniche sembra direttamente correlata alle strutture appenniniche compressive per il fronte della catena e distensive per il retropaese.
Alla scala mesoscopica, le linee trasversali sono rappresentate da vere e proprie fasce deformative, composte da piani di faglia verticali (Castellarin et alii, 1985) che limitano blocchi affiancati strutturalmente omogenei.
Alcuni autori (Fazzini, Gelmini, 1982; Bettelli e al., 2002), sulla base di evidenze  geomorfologiche e ad indizi geologico–strutturali, le descrivono come strutture di svincolo cinematico dei diversi blocchi adiacenti (tear-fault o faglie di trasferimento subverticali ad andamento antiappenninico), senza però definire se il movimento sia stato il medesimo nel tempo o se si abbiano avute delle inversioni, non escludendo eventuali ringiovanimenti di alcune delle strutture. Studiando i dati stratigrafici relativi all’Unità Tosco–Umbro–Marchigiana, e dalle coperture sedimentarie mio–plioceniche e pleistoceniche del margine appenninico padano, è stato stimato che la loro attività abbraccia l’arco di tempo che corre dal Mesozoico inferiore fino al Pliocene, Pleistocene. Lo svincolo cinematico delle linee trascorrenti antiappenniniche ha giocato un ruolo fondamentale durante la storia tettonica dell’Appennino che ha visto la sua rotazione antioraria e il movimento verso est dei singoli blocchi fino alla posizione attuale.


Figura 3: Sequenza temporale di lungo periodo dei 
valori di magnitudo.
Sismologia
Dai dati sismologici disponibili in bibliografia (NCEDC, 2013; INGV, 2013), è stato possibile studiare le sequenze sismiche di lungo periodo e quelle di medio periodo.
La sequenza di lungo periodo (fig. 3) mostra un primo ciclo sismico iniziato il 23 gennaio 1985 con un evento di magnitudo 4,9 (Mb) al quale è seguita una fase di assestamento terminata il 30 settembre 1993 con un evento di magnitudo 3,4.
In seguito è iniziato il secondo ciclo, con una fase di rilascio di energia conclusa il 31 dicembre 1995 con l’evento di magnitudo 4,8 e la fase di assestamento durata fino al 19 marzo 2004 con l’evento di magnitudo 2,9 seguita da una nuova fase di rilascio di energia caratterizzata fino a questo momento dall’evento di magnitudo 5,2 (Mw) del 21 giugno 2013 classificabile come foreshock.

Figura 4: Sequenza temporale di medio periodo dei valori di magnitudo.
Analizzando la sismicità temporale di medio periodo (fig. 4), si evince come l’area è caratterizzata da sciami di sequenze simili senza evidenti mainshock (infatti il terremoto del 21 giugno viene classificato nel seguente studio come foreshock). 
La struttura della sequenza sismica di medio periodo mostra cinque eventi caratteristici di magnitudo compresa tra 3,6-5,2 Ml, registrati nel periodo che va dal 5 marzo 2007 al 30 giugno 2013 e più di 2300 scosse di minore entità (Tabella 1). 


Tabella 1
La fase di rilascio di energia è iniziata con un foreshock di magnitudo 3,6 registrato il 5 marzo 2007 nella parte più ad est dell’area analizzata, al quale sono seguiti altri due foreshock di magnitudo 4,8 (evento del 25 gennaio 2013)  e 5,2 (del 21 giugno 2013)  accaduto sul bordo della faglia della Garfagnana e seguito da un significativo aumento della sismicità superficiale osservata.


Figura 5: Distribuzione delle sequenze sismiche della Garfagnana e Lunigiana dal 2005 al 2013, dove sono evidenziati gli eventi principali.

La distribuzione degli eventi sismici (fig. 5) appartenenti alla sequenza sismica del terremoto di magnitudo 5,2 del 21 giugno 2013, mostra un allineamento lungo la direzione WSW-ENE che ricalca grossomodo quella della sequenza attivata con il terremoto di magnitudo di 4,8 del 24 gennaio 2013.
Il terremoto del 21 giugno 2013 è stato seguito da due aftershocks con moderata magnitudo di 4,4 registrati il 23 e il 30  giugno 2013  con epicentri migrati verso NE per 6 km circa. Tale sequenza è stata più attiva durante i primi 11 giorni, mentre dal 2 luglio 2013 il numero di eventi registrati è stato inferiore a 50 al giorno.
Il tasso di sismicità superficiale fino al 18 giugno 2013  è stato estremamente basso (numero di eventi al giorno minori di 7) per poi aumentare gradualmente fino al 21 giugno 2013. In seguito, dopo l’evento di magnitudo 5,2 il tasso di sismicità è aumentato bruscamente con eventi di diversa magnitudo (fig. 6).

Figura 6: Numero degli eventi sismici giornaliero. 
Il terremoto di magnitudo 5,2 del 21 giugno 2013, si è verificato ad una profondità di 5,1 km, dove già sono stati osservati in precedenza altri eventi, mentre la maggior parte dei sismi si trovano più in profondità (intorno ai 10 km). Inoltre, sulla sequenza temporale si nota una convergenza congruente con la fase di rilascio che ha preceduto l’evento, rispetto alla tendenza generale della sequenza (fig. 7).
Il valore della magnitudo degli eventi di grandezza maggiore varia tra 5,1 km e 9,8  km, mentre la maggior parte degli eventi si sono verificati ad una profondità minore di 15 km.

Figura 7: Sequenza temporale delle profondità ipocentrali.
La distribuzione delle profondità ipocentrali mostra un piano che immerge verso NE circa con un basso angolo di inclinazione, come evidenziato dalle sezione sismologiche (fig. 8).
Dalla sequenza temporale di medio periodo degli ipocentri si nota un primo piano ipocentrale alla profondità di circa 15 km, generato dall’evento del 25 gennaio 2013 di magnitudo 4,8 esteso fino a circa 10 km.
Tutto l’assestamento riguardante la scossa del 21 giungno 2013 è allineato lungo un piano che si trova tra 0 e 10 km, caratterizzato nella parte iniziale anche da terremoti poco profondi convergenti verso la profondità di 9 km. Non ci sono stati terremoti inferiori a 20 km dopo la scossa di magnitudo 5,2.

Figura 8: Sezioni sismologiche in direzione a) W-E e b) N-S.

I due meccanismi focali (Pondrelli e al., 2006; 2011) dei terremoti del 25 gennaio 2013 (fig. 9a) e del 21 giugno 2103 (fig. 9b), suggeriscono un campo di sollecitazione di tipo distensivo.

Figura 9: Meccanismi focali dei terremoti (a) in Garfagnana del 25/01
e (b) in Lunigiana del 21/06.
Il meccanismo focale dell’evento del 25 gennaio 2013 evidenzia un meccanismo di rottura trascorrente compatibile con una direzione di massima compressione orizzontale WNW-ESE e una direzione di massima estensione NNE-SSW. Le due faglie sono rappresentate da una trascorrente obliqua sinistra in direzione NE-SW, coniugata ad una faglia trascorrente obliqua destra con direzione NW-SE.  
L’evento del 21 giugno 2103 presenta un meccanismo focale distensivo compatibile con una direzione di massima estensione orizzontale N-S e una direzione di massima compressione verticale. Le strutture sono rappresentate da faglie normali con direzione W-E.

Sismotettonica
I dati sismolgici della distribuzione ipocentrale evidenziano una superficie sismogenetica debolmente immergente verso NE, posta alla profondità di circa 10 km. Tale superficie dal punto di vista tettonico è descritta come scollamento principale, che costituisce uno svincolo cinematico attualmente attivo, tra il basamento e la copertura sovrastante (Auglieri e al., 1990; Bernini, Papani, 2002).
I meccanismi focali dei terremoti storici sono congruenti con le geometrie distensive rilevate in affioramento (Frepoli, Amato, 1997) evidenziando una direzione di massima tensione NE-SW, mentre i meccanismi focali del due eventi della Garfagnana e Lunigiana mostrano una direzione di massima tensione variabile  NNE-SSW per il primo terremoto in Garfagnana e N-S per il secondo terremoto in Lunigiana.

Figura 10: Epicentri degli eventi principali e sorgenti sismogenetiche. (da: DISS Working Group, 2010). 1) Sorgente sismo genetica della Lunigiana; 2) Sorgente sismogenetica della Garfagnana divisa nel blocco (2a) Garfagnana nord  e (2b) Garfagnana sud.

Figura 11: Modello della subduzione della placca Adria al di sotto 
della placca Europea con lo slab in subduzione (modificato da: Doglioni 1991).
La collisione delle due placche determina la formazione di strutture
compressive nell’avanpaese, rappresentate da faglie di thrusts (1), mentre
nel retropaese per effetto del roll-back, si determina una tettonica
estensionale con la formazione di horst & graben (2).

Sulla base dei dati sismologici e tettonici è possibile definire il modello sismotettonico della Garfagnana e Lunigiana (figg. 10, 11).
La struttura sismogenetia del terremoto della Garfagnana è rappresentata da una faglia trascorrente destra a direzione antiappenninica che gioca un ruolo di svincolo cinematico tra due strutture sismogenetiche della Garfagnana nord e la Garfagnana sud (fig. 10)(DISS Working Group, 2010). Entrambe queste due strutture, sono rappresentate da faglie normali con immersione NE e inclinate a basso angolo, che vanno a raccordarsi o terminare alla superficie di scollamento basale. Il terremoto della Lunigiana mostra una struttura sismogenetica di estensione in direzione N-S causa l'attivazione di probabili ralay ramp (Larsen, 1988;  Bernini, Papani, 2002) a direzione W-E che raccordano le master faults della Lunigiana e della Garfagnana.

Conclusioni
Gli eventi sismici studiati mostrano dei chiari indizi di come l'area del retropaese appenninico sia in estensione rispetto all'area del fronte della catena che è in netta compressione (Balocchi, 2011; 2012; Balocchi, Santagata, 2012; Petrucci, Balocchi, 2013).
Nel quadro tettonico regionale, l'Appennino Tosco-Emiliano è il risultato della collisione delle placche Europa posta a SW e Adria a NE (un frammento della placca Africana), che porta alla formazione di un piano di subduzione di Adria che scende verso SW al di sotto di Europa con una inclinazione di circa 60°-70°. In questo quadro tettonico (fig. 11), si sviluppano faglie di trusts in corrispondenza del fronte sepolto della catena appenninica (Balocchi, 2012; 2013; Balocchi, Santagata, 2012) e lungo il margine (zona di avanpaese appenninico), mentre per effetto della rotazione del piano di subduzione, denominato in letteratura come roll-back (Doglioni, 1991), si sviluppa una tettonica di estensione nell'area del retropaese, con formazione di horst & graben e la riattivazione di faglie distensive che hanno determinato il terremoti della Lunigiana. Per la Garfagnana, invece, si tratta di riattivazioni di faglie trascorrenti di strappo (tear-faults) che permettono la differente deformazione dei due blocchi della Garfagnana nord e sud (fig. 10).

Bibliografia
Abbate E., Bruni P. (1989); Modino-Cervarola o Modino e Cervarola? Torbiditi oligo-mioceniche ed evoluzione del margine nord-appenninico. Mem. Soc. Geol. It., 39, pp. 19-34.
Ambrosetti P., Carboni M.G., Conti M.A., Costantini A., Esu D., Gandini A., Girotti O., Lazzarotto A., Mazzanti R., Nicosia U., Parisi G. Sandrelli F. (1979); Evoluzione paleogeografica e tettonica nei bacini tosco-umbro-laziali nel Piocene e nel Pleistocene inferiore. Mem. Soc. Geol. It., 19, 573-580.
Anelli L., Gorza M., Pieri M., Riva M. (1994); Subsurface well data in the Northern Apennines (Italy). Mem. Soc. Geol. It., 48, pp. 461-471.
Argnani A., Bernini M., Di Dio G.M., Papani G., Rogledi S. (1997); Stratigraphic record of crustal-scale tectonics in the Quaternary of the Northern Apennines (Italy). Il Quaternario, 10, pp. 595-602.
Augliera P., Pastore S., Tomaselli A. (1990); Sismicità della Lunigiana-Garfagnana: Primi risultati da una rete mobile. Proc. 9, Gruppo Naz. Geofis. Della Terra Solida, 1, pp. 221-232.
Balocchi P. (2011); Modello Sismotettonico delle strutture profonde dell'Appennino settentrionale. GeoResearch Center Italy - GeoBlog, pub n° 3(2011), ISSN: 2240-7847. Consultabile all’indirizzo internet: http://georcit.blogspot.com/2011/06/modello-sismotettonico-delle-strutture_16.html.
Balocchi P. (2012); Regime dello stress tettonico attuale della microplacca Adria (Pianura Padana-Veneta) GeoResearch Center Italy - GeoBlog, pub n° 6(2012), ISSN: 2240-7847. Consultabile all’indirizzo internet: http://georcit.blogspot.it/2012/12/regime-dello-stress-tettonico-attuale.html.
Balocchi P. (2013); Le sequenze sismiche Tosco-Emiliane e considerazioni sulla tettonica attuale. Fossili e Minerali, in press.
Balocchi P., Santagata T. (2012); Sismotettonica della sequenza sismica dell'Emilia del Maggio e Giugno 2012 (Pianura Padana Emiliana). GeoResearch Center Italy - GeoBlog, pub n° 4(2012), ISSN: 2240-7847. Consultabile all’indirizzo internet: http://georcit.blogspot.it/2012/07/sismotettonica-della-sequenza-sismica.html.
Bartolini C., Bernini M., Carloni G.C., Castaldini P., Costantini A., Federicci P.R., Francavilla F., Gasperi G., Lazzarotto G., Mazzanti A., Papani G., Pranzini G., Rau A., Sandrelli F., Vercesi P.L. (1983); Carta neotettonica dell’Appennino settentrionale. Note illustrative. Boll. Soc. Geol. It..
Bernini M., Papani G. (2002); La distensione della fossa tettonica della Lunigiana nord-occidentale (con Carta Geologica alla scala 1:50.000). Boll. Soc. Geol. It., 121, pp. 313-341
Bernini M., Papani G., (2002); La distensione della fossa tettonica della Lunigiana nord-occidentale (con Carta Geologica alla scala 1:50.000). Boll.Soc.Geol.It., 121:313-341.
Bettelli G., Panini F. & Capitani M (2002); Carta Geologico – Strutturale dell’Appennino Emiliano Sudorientale. da: Atti del terzo seminario sulla cartografia geologica, Bologna
Boccaletti M., Cerrina Feroni A., Martinelli P., Moratti G., Plesi G., Sani F. (1994); L’area tosco-laziale come dominio di transizione tra il bacino tirrenico e i thrusts esterni: rassegna di dati mesostrutturali e possibili relazioni con le discontinuità del “Ciclo Neoautoctono”. Mem. Descr. Carta Geol. d’It., 49, 9-22.
Boccaletti M., Coli M., Eva C., Ferrari G., Giglia G., Lazzatotto A., Merlanti F., Nicolich R., Papani G., Postpischl D. (1985); Considerations on the seismotectonics of the Nothern Apennines. Tectonophysics, 117, pp. 7-38.
Boccaletti M., Colli M. & Napoleone G. (1981); Landsat lineation pattern in the Apennines and its geodynamic significance. Modern Geology, 7, 95-103.
Boccaletti M., Elter P., Guazzone G. (1971); Plate tecttonic models for the denvelopment of the Western Alp and Northern Apennines. Nature, Phys. Sc., 234, pp. 108-111.
Boccaletti M., Guazzone G. (1970); La migrazione terziaria dei bacini toscani e la rotazione dell’Appennino Settentrionale in una “zona di torsione” per deriva continentale. Mem. Soc. Geol. It., 9, pp. 177-195.
Boccaletti M., Guazzone G. (1972); Gli archi appenninici, il Mar Ligure ed il Tirreno nel quadro della tettonica dei bacini marginali retroarco. Mem. Soc. Geol. It., 11, pp. 201-216.
Bossio A., Costantini A., Lazzarotto A., Liotta D., Mazzanti R., Mazzei R., Salvatorini G. & Sandrelli F. (1993); Rassegna delle conoscenze sulla stratigrafia del Neoautoctono Toscano. Mem. Soc. Geol. It., 49, 17-98.
Castellarin A., Eva C., Giglia G. & Vai G. B. (1985); Analisi strutturale del fronte appenninico padano. Giornale di Geologia, Ser 3, 47, 47-76.
Castellarin A., Pini G. A., Crestana G. & Rabbi E. (1986); Caratteri strutturali delle argille Scagliose dell’Appennino bolognese. Mem Sc. Geol. 38, 459-477.
Chicchi S., Plesi G. (1992); Il Complesso di M. Modino – Cervarola nell’alto Appennino Emiliano (fra il Passo del Lagastrello e il M. Cimone) e i suoi rapporti con la Falda toscana, L’Unità di Canetolo e le Liguridi. Mem. Descr. Carta Geol. d’It., 46 (1991), pp. 139-163.
DISS Working Group (2010). Database of Individual Seismogenic Sources (DISS), Version 3.1.1: A compilation of potential sources for earthquakes larger than M 5.5 in Italy and surrounding areas. Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). Consultabile all'indirizzo internet: http://diss.rm.ingv.it/diss/.
Doglioni C. (1991); A proposal for the kinematic modeling of W-dipping subductions – possible applications of the tyrrhenian – Apennines system. Terra Nova, 3, pp. 423-434.
Elter P. (1960); I lineamenti tettonici dell’Appennino a NW delle Apuane. Boll. Soc. Geol. It., 60, pp. 273-312.
Fazzini P. & Gelmini R. (1982); Tettonica trasversale nell’Appennino settentrionale. Mem. Soc. Geol. It., 24, 299-309.
Finetti I.R. (2010); La geofisica di esplorazione quale essenziale complemento investigativo nella ricostruzione dei meccanismi sismotettonici. Lectio Magistralis XXIX Convegno GNGTS, Prato.
Frepoli A., Amato A. (1997); Contemporaneous extension and compression in the Northern Apennines from earthquake faultplane solutions. Geophys. J. Int., 129, pp. 368-388.
Gelmini R. (1974); Studio fotogeologico del bacino neogenico senese (Toscana meridionale). Boll. Soc. Geol. It., 93, 837-860.
Gherardoni R. (1965); Osservazioni sulla tettonica trasversale dell’Appennino Settentrionale. Boll. Soc. Geol. It., 84, 276-290.
Giglia G. (1974); L’insieme Corsica-Sardegna e i suoi rapporti con l’Appennino settentrionale: rassegna di dati cronologici e strutturali. In «Paleogeografia del Terziario sardo nell’ambito del Mediterraneo occidentale). Rend. Sem. Fac. Sc. Univ. Cagliari, 245-272.
INGV (2013); Italian Seismological Instrumental and parametric database. Aggiornato al 2013. Consultabile all’indirizzo internet: http://iside.rm.ingv.it.
Larsen P.H. (1988); Relay structures in a Lower Permian basementinvolved extension system, East Greenland. J. Struct. Geol., 10 (1), pp. 3-8.
Lazzarotto A., Mazzanti R. (1976); Geologia dell’alta Val di Cecina. Boll. Soc. Geol. It., 95, 1365-1478.
Mantovani E., Vitti M., D. Babbucci D., Cenni N., Tamburelli C., Vannucchi A., Falciani F., Bianchisti G., Baglione M., V. D’Intinosante V., Fabbroni P.,  (2010); Sismotettonica dell’Appennino settentrionale. Implicazioni per la pericolosità sismica della Toscana. Regione Toscana.
Martini I.P., Sagri M. (1993); Tectono-sedimentary characteristics of Late Miocene-Quaternary extensional basins of the Northern Apennines, Italy. Earth Science Rev., 34, 197-233.
NCEDC (2013); Advanced National Seismic System (ANSS), Composite earthquake catalog. Aggiornato al 2013. Consultabile all’indirizzo internet: http://quake.geo.berkeley.edu/anss/catalog-search.html.
Perlotti C. R (1991); Osservazioni sull’assetto strutturale del versante padano dell’Appennino Nord – Occidentale. Atti Tic. Sc. Terra 34, Note Brevi, 11-22.
Petrucci G., Balocchi P. (2013); Terremoti: tettonica, sismicità e rischi di Garfagnana e Versilia. MeteoWeb del 28 gennaio 2013. Consultabile all’indirizzo internet: http://www.meteoweb.eu/2013/01/terremoti-tettonica-sismicita-e-rischi-di-garfagnana-e-versilia/181267/.
Pondrelli S., Salimbeni S., Morelli A., Ekström G., Postpischl L., Vannucci G., Boschi E. (2011); European-Mediterranean Regional Centroid Moment Tensor Catalog: solutions for 2005-2008. Phys. Earth Planet. Int., in press.
Pondrelli, S., Salimbeni S., Ekström G., Morelli A., Gasperini P., Vannucci G. (2006); The Italian CMT dataset from 1977 to the present. Phys. Earth Planet. Int., 159/3-4, pp. 286-303.
Reutter K. J., Groscurth J. (1978); The pile of nappes in the Northern Apennines, its unravelement and emplacement. In: Cloos H., Roeder D., Schmit K. (Eds); “Alps, Apennines, Hellenides”. pp. 239-243. Schweizerbart, Stuttgart.
Riguzzi F., Panza G., Varga P., Doglioni C. (2010); Can Earth's rotation and tidal despinning drive plate tectonics? Tectonophysics, 484, pp. 60-73.
Trevisan L. (1952); Sul complesso sedimentario del Miocene superiore e del Pliocene della Val di Cecina e sui movimenti tettonici tardivi in rapporto ai giacimenti di lignite e di salgemma. Boll. Soc. Geol. It., 70, 65-78.


Nessun commento:

Posta un commento