venerdì 16 gennaio 2015

Il lungo cammino della ricerca sismica

Sin dai primordi, l'uomo ha cercato di capire l'origine dei terremoti. Gli antichi greci ed i cinesi sono stati i primi a promulgare teorie sulla nascita dei sismi ma nel Medioevo si riteneva i grandi disastri naturali una punizione divina per l'umanità degenere. Solo l'Illuminismo e la teoria dell'attualismo portano, anche sulla scia del grande terremoto di Lisbona del 1755, ad un nuovo paradigma che fornisce una visione innovativa dei processi geologici: bisogna osservare il presente per conoscere il passato e comprendere l'evoluzione futura della Terra. Nell'Ottocento l'Italia, grazie al suo paesaggio dinamico, diventa il luogo preferito in cui molti scienziati cercano conferme alle loro teorie: l'irlandese Robert Mallet (che studia il terremoto lucano del 1857), il vogherese Mario Baratta ed il sacerdote-naturalista Giuseppe Mercalli (ideatore dell'omonima "scala" per la misura dei sismi) rappresentano i "padri" della sismologia moderna. Nella prima metà del XX secolo l'opera viene proseguita da Alfred Wegener, con la sua celebre teoria della "deriva dei continenti", e Charles Richter che, con la Magnitudo, fornisce un valore assoluto di energia capace di confrontare l'intensità di qualsiasi terremoto. La complessità dei sistemi fisici che regolano i processi geodinamici porta però, ancora oggi, ad inserire i terremoti tra i processi naturali caotici e non prevedibili con l'approccio della fisica classica. L'unica difesa dagli eventi sismici, purtroppo spesso disattesa, pare la realizzazione di edifici più sicuri in funzione del rischio sismico associato.

di: Giampiero Petrucci (1) e Stefano Carlino (2)




1) Ricercatore del GeoResearch Center Italy – GeoBlog (sito internet: www.georcit.blogspot.com; mail: dottgipe@gmail.com).
2) Ricercatore Geofisico dell’Istituto Nazionale Geofisica e Vulcanologia e collaboratore del GeoResearch Center Italy – GeoBlog;
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GeoResearch Center Italy - GeoBlog, pub. n° 1 (2015), ISSN: 2240-7847.


Figura 1: Il "rivelatore di terremoti", o "sismometro", ideato 
dall'astronomo cinese Chang Heng nell'anno 132 (da: 
Marilyn Shea, UMF. Consultabile all'indirizzo internet:
http://hua.umf.maine.edu/China/astronomy/tianpage/
0011H.6880w.html). 
L'uomo da sempre ha dovuto convivere con i terremoti, cercando di capirne l'origine attraverso le più variopinte interpretazioni e credenze. Gli antichi Greci ritenevano i sismi una volontà degli dei, anche se alcuni grandi filosofi cercarono una risposta “naturale” agli eventi tellurici. Talete, nel VI secolo a.C., attribuiva l'origine delle scosse ad una sorta di eruzioni sotterranee di acqua calda, mentre Aristotele, due secoli dopo, promulgò la teoria, a lungo accreditata, per la quale i terremoti erano legati ad una sorta di vento terrestre (definito pneuma) che soffiava all'interno del pianeta. Più tardi, all’inizio del primo millennio, i pragmatici cinesi eseguirono un primo tentativo di misurare l’arrivo di un terremoto. Nell'anno 132 l'ingegnoso astronomo Chang Heng inventò una sorta di artistico rivelatore di terremoti (definibile come sismometro) (fig. 1) che - basandosi sul principio del pendolo ed utilizzando un grande recipiente di bronzo in cui erano raffigurati draghi e rane - all’arrivo dell’onda sismica permetteva ad una sferetta di cadere liberamente in una determinata direzione. La sferetta, raccolta nella bocca di una rana, indicava non solo l’arrivo dell’onda ma anche la sua direzione.

Figura 2: Due immagini tratte da "Great Napolitan Earthquake of 1857" di Robert Mallet, 
libro sul terremoto che colpì la Lucania: la prima grande testimonianza diretta di un 
evento sismico descritto in maniera scientifica.

Nel Medioevo prevarrà ancora la cultura del catastrofismo, di stampo Aristotelico, per cui i terremoti saranno una sorta di punizione divina per l’umanità. Con il Rinascimento si assiste ad un graduale passaggio verso teorie "pseudo-scientifiche" come quella di Gassendi, all'inizio del XVII secolo, che riteneva i terremoti una conseguenza di esplosioni di sacche di gas nei vuoti delle rocce, o come quella di Saint-Lazare che attribuì i movimenti tellurici a fenomeni elettrici e tuoni sotterranei. Il grande terremoto di Lisbona del 1755 diede un forte impulso alle ricerche e agli studi sull’origine di questi eventi catastrofici. Questo sisma, che rimarrà a lungo nell'immaginario collettivo dell'intera Europa, fu studiato da John Michell, il quale stabili che il terremoto fu causato da una perturbazione della crosta terrestre, originatasi sotto l’Oceano Atlantico. Egli propose anche l’idea che i terremoti si propagassero come onde attraverso le rocce, a partire da un ben definito punto, dando un primo importante contributo al nascente campo della sismologia. Pochi anni prima, nel 1751, Andrea Bina, un monaco benedettino, aveva ideato a Perugia un sismografo a pendolo, a seguito del forte terremoto che aveva colpito la zona di Gualdo Tadino. La sismologia cavalcherà l’onda del nascente attualismo, tra il XVIII ed il XIX secolo, un nuovo paradigma che darà una visione innovativa dei processi geologici che accadono sul nostro pianeta, con i contributi fondamentali di James Hutton e Charles Lyell. La teoria dell'attualismo prenderà spunto dall’osservazione del presente come chiave per interpretare il passato. La Terra è un sistema in continua evoluzione, i fenomeni geologici che hanno modellato la crosta terrestre accadono da sempre, in maniera lenta ed impercettibile: una visione in opposizione alla teoria del catastrofismo, secondo la quale la Terra sarebbe soggetta a improvvisi sconvolgimenti geologici. Con questa nuova chiave di lettura le registrazioni geologiche contenute nelle rocce rappresentano gli elementi fondamentali per interpretare il passato e comprendere l’evoluzione futura del nostro pianeta.
Figura 3: Febbraio 1914: il grande scienziato Giuseppe 
Mercalli con il Vesuvio sullo sfondo. Laureato in 
Scienze Naturali e sacerdote, dedicò la sua vita allo 
studio di terremoti e vulcani, ideando la celebre 
"scala" per la valutazione degli effetti di un sisma (fonte: 
Archivio Fotografico Museo Osservatorio Vesuviano).
.
In questo clima culturale, assume un ruolo significativo il fortissimo terremoto che colpisce la Basilicata, il 16 dicembre 1857 (con oltre 10.000 morti). L’evento stimola l'interesse di molti scienziati, in particolare dell'irlandese Robert Mallet, già autore di un catalogo e di una carta sismica del mondo, e del fondamentale testo "On the Dynamics of Earthquakes". Mallet viene appositamente inviato in Italia dalla Royal Geographic Society, per fornire una relazione dettagliata dell'evento (fig. 2), un’esperienza che sarà fondamentale per gli studi successivi sui terremoti. Tra questi assumono particolare rilevanza, a cavallo tra 1800 e 1900, gli studi di Mario Baratta e Giuseppe Mercalli. Il primo, un geografo vogherese, può essere definito il "padre" della sismologia storica, un settore di ricerca che si occupa di ricostruire gli effetti e l’intensità dei sismi avvenuti in passato. Il suo testo “I terremoti d'Italia”, edito nel 1901, rappresenta il primo catalogo sismico del nostro paese, con un elenco dettagliato di 1364 terremoti avvenuti in duemila anni di storia. Baratta, tra l'altro, realizzerà la prima carta sismica d'Italia. Giuseppe Mercalli (fig. 3), milanese di nascita ma vissuto molti anni e morto a Napoli, naturalista e geologo, rimane nella storia della sismologia per aver definito, nel 1902, una scala per la misura dell’intensità dei terremoti, che prenderà il suo nome. Essa rappresenta la sintesi di anni di studi e osservazioni sui terremoti, durante i quali Mercalli esaminò il rapporto tra sisma e danni prodotti. Egli è stato anche autore di importanti studi sui vulcani e sul rapporto tra la loro attività ed i terremoti.

Figura 4: La distribuzione geografica delle placche con i relativi margini di contatto, 
linee preferenziali di sviluppo di forti terremoti. Le "zolle" rigide della litosfera si 
muovono, quasi "galleggiando", sulla più soffice astenosfera (da: Eduseis, The 
Educational Seismograph Project, consultabile all'indirizzo internet:
http://eduseis.na.infn.it/didattica/moduloI/placche.htm). 

Il paradigma dell’attualismo trova in seguito un importante sviluppo intorno agli anni '20 grazie ad Alfred Wegener e la sua teoria della "deriva dei continenti", riformulata cinquant'anni dopo come "tettonica a zolle" (fig. 4), e convalidata in seguito alle osservazioni sperimentali eseguite sui fondali oceanici a partire dagli anni ’70 (Upper Mantle Project). Tali osservazioni hanno dimostrato empiricamente che i fondali oceanici si espandono, a partire dalle dorsali oceaniche, producendo lo scontro tra le zolle. Queste costituiscono la parte rigida più esterna del nostro pianeta, la litosfera, che galleggia sulla sottostante astenosfera, più fluida. Le zone più attive della crosta terrestre sono quelle lungo le quali avviene lo scontro o lo scorrimento fra le zolle, dove si concentra gran parte dell’attività sismica e vulcanica (fig. 5).
Con il grande terremoto di San Francisco del 1906, la ricerca sismologica, a fronte di un immane disastro, compie un ulteriore gran balzo in avanti. Grazie a misure geodetiche effettuate prima e dopo il terremoto, che evidenziano lo spostamento subìto dalla faglia di San Andreas, il geofisico statunitense Harry Fielding Reid enuncia la teoria del “rimbalzo elastico”. Essa dimostra che gli sforzi tettonici, applicati per lunghi tempi nella crosta terrestre, si liberano in pochi secondi sotto forma di energia elastica (le onde sismiche) accumulata dalle rocce durante il processo deformativo. E’ il primo vero passo verso la sismologia quantitativa.

Figura 5: Mappa della pericolosità sismica in Europa (da: Meletti C. e ETHZurich, consultabile 
all'indirizzo internet http://seismo.ethz.ch/GSHAP/index.html). 
La prima metà del XX secolo fu dunque ricca di progressi in sismologia, per il costante evolversi delle conoscenze sui processi geodinamici e per la qualità e quantità di dati strumentali, la cui produzione veniva favorita dallo sviluppo di sismografi sempre più avanzati e di strumentazioni di alta precisione per il monitoraggio dei movimenti della crosta terrestre. I sismogrammi consentiranno di quantificare l’energia dei terremoti analizzando l’ampiezza massima dell’onda sismica, ed assegnando così, a differenza della scala di intensità di Mercalli, un valore assoluto di energia ad ogni terremoto, la magnitudo. Ideata dallo scienziato statunitense Charles Richter, la scala dei terremoti basata sulla magnitudo sostituirà progressivamente, con la diffusione delle reti sismiche strumentali, la scala Mercalli. Quest'ultima è tuttavia ancora utilissima alla sismologia, perché consente di confrontare, grazie a formule matematiche empiriche che correlano intensità e magnitudo, l’energia dei terremoti del passato (per i quali non si hanno registrazioni strumentali, ma solo valutazione dei danni) con quella dei terremoti attuali.
Però, nonostante i grandi passi in avanti compiuti in tempi recenti dalla sismologia, non esistono ancora modelli matematici in grado di prevedere i terremoti. La sismologia quantitativa ha fornito un contributo indispensabile per definire i meccanismi di rottura delle faglie, l’energia dei terremoti, per caratterizzare le sorgenti sismiche e stabilire il livello di rischio delle aree tettonicamente attive. Un approccio olistico a questa materia ha dimostrato, tuttavia, che la complessità dei sistemi fisici che regolano i processi geodinamici, non permette di far convergere gli sforzi degli scienziati che studiano i terremoti verso risultati deterministici. Per questo motivo i terremoti vengono inclusi tra quei processi naturali definiti caotici, non prevedibili con l’approccio della fisica classica.
Il fallimento della previsione dei terremoti, con il tentativo di definire una teoria scientifica unificatrice, ha causato una grande crisi della sismologia. Nonostante l’aumento della qualità e quantità dei dati raccolti, nessun progresso significativo è stato conseguito nella comprensione dell’accadimento dei terremoti. Con l’approccio statistico alla previsione si è tentato di colmare questa lacuna conoscitiva. Sebbene formalmente corretto, tale approccio non tiene conto della reale dinamica in atto nella crosta terrestre, e non può essere utilizzato per la previsione a lungo e breve termine. Per i limiti intrinseci di una scienza così complessa, che non riesce a definire una teoria unificatrice sui terremoti, l’unica difesa da eventi naturali così dannosi sarà la costruzione di abitazioni sicure. L’ingegneria sismica è intervenuta, in tempi moderni, per progettare edifici in grado di resistere alle sollecitazioni delle onde prodotte dai terremoti. Il successo in questo campo è risultato particolarmente positivo in paesi come il Giappone e la California, dove i fortissimi terremoti, senza il contributo dell’ingegneria sismica, avrebbero causato delle catastrofi immense, come già accaduto in passato.
L’espansione urbanistica in aree altamente sismiche non può prescindere dalla pianificazione in funzione del rischio associato ai forti terremoti. Si tratta di una problematica delicata, e di non semplice risoluzione, specie in paesi come l’Italia, dove la presenza di centri storici di età medievale e di centri urbani vetusti, seppur di epoca moderna, rende necessario l’impiego di ingenti investimenti economici e di qualificato lavoro di tecnici, geologi ed ingegneri, al fine di rendere più sicure le abitazioni ed abbassare il rischio sismico a livelli accettabili. La scienza in questo caso fornisce un contributo essenziale, poichè le ricerche sismologiche consentono di stabilire il livello di rischio delle aree sismogenetiche e di progettare gli edifici in funzione delle massime sollecitazioni sismiche attese, con diversi periodi di ritorno dei terremoti. Questo sistema di prevenzione è l’unico efficace nella difesa dai terremoti, ma tuttavia oggi appare ancora troppo spesso disatteso.

Riferimenti bibliografici
Baratta M. (1901); Terremoti d'Italia. Fratelli Bocca
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Mantovani E. (2013); Come e perché rivedere la pericolosità sismica in Italia. L’esempio di Emilia-Romagna e Toscana. Parla il Prof. Enzo Mantovani, esperto di sismotettonica. MeteoWeb. Consultabile all’indirizzo internet:  http://www.meteoweb.eu/2013/10/come-e-perche-rivedere-la-pericolosita-sismica-in-italia-lesempio-di-emilia-romagna-e-toscana-parla-il-prof-enzo-mantovani-esperto-di-sismotettonica/232576/
Meletti G. (2011); La pericolosità sismica in Italia, Convegno PROTEC
Mercalli G. (1883); I vulcani e i fenomeni vulcanici in Italia. Vallardi
Petrucci G. (2012); Esclusiva MeteoWeb: tutti i terremoti con magnitudo superiore a 5.5 della storia d’Italia. MeteoWeb. Consultabile all’indirizzo internet: http://www.meteoweb.eu/2012/06/esclusiva-meteoweb-tutti-terremoti-con-magnitudo-superiore-5-5-della-storia-ditalia/141308/
Petrucci G. (2013); Lisbona 1755: il primo tsunami “trans-oceanico” dell’era moderna. MeteoWeb. Consultabile all’indirizzo internet: http://www.meteoweb.eu/2013/01/lisbona-1755-il-primo-tsunami-trans-oceanico-dellera-moderna/175069/
Reid H.F. (1910); The Mechanics of the Earthquake, The California Earthquake of April 18, 1906. Report of the State Investigation Commission, Vol. 2, Carnegie Institution of Washington
Richter C.F. (1935); An Instrumental Earthquake Magnitude Scale. Bulletin of the Seismological Society of America, 25 (1-2); 1.32
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Ruegg P. (2014); Towards Mitigating Seismic Hazard. ETHZurich. Consultabile all'indirizzo internet: https://www.ethz.ch/en/news-and-events/eth-new/news/2014/05/seismic-hazard-map.html

Shea M. (2007); Zhang Heng - Seismometer. UMF. Consultabile all'indirizzo internet: http://hua.umf.maine.edu/China/astronomy/tianpage/0011H.6880w.html


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