sabato 21 marzo 2015

Onde anomale nei laghi - Il caso della Valle Padusa

Generalmente gli tsunami impattano sulle coste dopo essere stati generati in mare aperto. Ma esistono alcuni casi, molto particolari, in cui le onde anomale possono svilupparsi anche in acque interne come laghi, paludi, grandi fiumi. In Italia l'esempio più eclatante è costituito da quanto accaduto in Romagna nel 1624. Le acque della Valle Padusa, un antica ed ampia zona paludosa che si estendeva nella parte meridionale del delta del Po, furono infatti agitate a seguito di un terremoto, di magnitudo intorno a 5.5, con epicentro nei pressi della cittadina di Argenta le cui strade furono invase dalle onde senza peraltro creare gravi danni. Questo caso è il più importante ma non il solo: già nel 1695 un sisma, di magnitudo 5.7 ed epicentro nei pressi di Bagnoregio, provoca l'esondazione delle acque del lago di Bolsena, con ingressione nelle coste circostanti per diverse centinaia di metri. Esistono poi altri fenomeni in cui i terremoti generano frane, anche di grandi dimensioni, sulle rive scoscese dei bacini: il materiale terrigeno cadendo in acqua con una certa velocità provoca onde, con altezze anche di diversi metri, che portano morte e distruzione nelle città rivierasche. Se la Svizzera è la nazione europea in cui questi eventi si sono sviluppati con una certa frequenza, anche in Italia si segnalano situazioni similari, in particolare nel Lago di Como, potenzialmente tra i più soggetti all'eventuale ripetersi del fenomeno.

di: Giampiero Petrucci(1)



1) Ricercatore del GeoResearch Center Italy – GeoBlog (sito internet: www.georcit.blogspot.com; mail: georcit@gmail.com). 
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GeoResearch Center Italy - GeoBlog, 5 (2015), ISSN: 2240-7847.

In tempi recenti (Indonesia 2004 e Giappone 2011) abbiamo potuto osservare gli effetti di uno tsunami che, generato in mare aperto, impatta violentemente sulle coste anche a grande distanza dall'origine. Esistono tuttavia situazioni molto particolari in cui le onde anomale possono svilupparsi anche in acque interne (laghi, stagni, paludi, perfino grandi fiumi), seppur con energia inferiore. In Italia il caso più eclatante riguarda la cittadina di Argenta, situata una ventina di chilometri a sud-est di Ferrara.
L'evento si deve alla tipica conformazione di suolo ed idrografia. Nel Pliocene, circa 2 milioni di anni fa, quella zona è completamente invasa dal mare, come gran parte della Pianura Padana. I movimenti tettonici in corso e l'alternarsi di glaciazioni causano la progressiva regressione marina che lascia spazio ad ampie zone paludose, colmate nei secoli dagli apporti terrigeni dei corsi d'acqua che scendono da Alpi ed Appennino. La progressiva modifica di questo ambiente paludoso non permette un assetto definitivo dell’idrografia superficiale, che si mantiene a lungo caotica, con continue inondazioni e alluvioni. Celebre a questo proposito è la cosiddetta "rotta di Ficarolo" del 1152, una disastrosa alluvione secondo la tradizione, ma più probabilmente una serie di eventi alluvionali, a seguito dei quali il Po rimane senza un percorso ben definito per circa una ventina d’anni. In pratica, molti fiumi non sempre riescono a sfociare in Adriatico, disperdendo le acque nelle depressioni della pianura. Questa situazione si amplifica particolarmente tra Nonantola e Ravenna dove, fino al XVIII secolo, permane un’ampia zona paludosa, allungata in direzione E-W per almeno 60 km, il cui corso d’acqua principale è il ramo deltizio più meridionale del Po, detto Po di Primaro, che da Ferrara transita per Argenta e termina la sua corsa in mare, a sud del Lido di Spina.
Figura 1: La cosiddetta "Valle Padusa", la grande palude che si estendeva nella parte finale del corso del Po, ad Est di Ferrara, in una vecchia mappa del XVI secolo. Nel 1624 quest'area fu interessata da una scossa di terremoto che provocò danni ad Argenta ed uno tsunami "interno". Oggi l'idrografia di superficie della zona è profondamente diversa grazie alla bonifica che ha ristretto molto le zone paludose (Consultabile all'indirizzo internet: http://delta.italians.tv/t55-delta-del-po)
Intorno a questo ramo, oggi interrato e su cui è stato innestato parzialmente il corso finale del Reno, insiste un susseguirsi di paludi, isole ed isolotti, con le acque spesso comunicanti tra loro ed attivate dagli apporti di fiumi quali Savio, Montone, Ronco e Lamone. Queste isole ed isolotti, abitate sin dalla preistoria, divengono in epoca medioevale meta privilegiata per i soggiorni dei ricchi ferraresi. Su di essi sorgono città importanti, come Ravenna, Rovigo, Adria, Argenta, Portomaggiore. I residui odierni di quest’area lagunare sono rappresentati dalle Valli di Comacchio e dalle riserve naturali del Campotto e di Punte Alberete. Oggi le acque occupano meno di un terzo del territorio sommerso nel XV secolo, quando inizia la prima bonifica ad opera degli Estensi, proseguita poi dallo Stato Pontificio con la costruzione di decine di chilometri di argini su Senio e Lamone. Bonifiche andate avanti con difficoltà, anche per le rivalità tra Ferrara e Ravenna le quali hanno mire opposte sulle nuove terre conquistate alle acque. Questa grande "pianura d'acqua", una sorta di enorme lago interno dai confini labili e soggetti al regime delle precipitazioni, prende il nome di Valle Padusa (Fig. 1). 
A partire dall'ottobre 1623 l'intera zona è interessata da una serie di scosse sismiche, di intensità variabile. Questa non è tuttavia una novità: già nell'inverno 1570-1571 a Ferrara si contano danni diffusi (con crollo parziale delle mura) e diverse decine di vittime a seguito di una rilevante sequenza sismica, con valori massimi di Magnitudo stimati intorno a 5.5. In particolare è colpita la porzione centrale della città, con molti abitanti (compresa la corte estense) costretti a vivere per diversi mesi in tende, baracche ed alloggi di fortuna. La sequenza sismica del 1623 possiede caratteristiche similari alla precedente e culmina il 16 marzo 1624 in una scossa la cui Magnitudo macrosismica è nuovamente stimata intorno a 5.5, con l'epicentro posizionato immediatamente a Nord di Argenta.
La conformazione geologico-geomorfologica del territorio causa due fenomeni distinti e particolari che amplificano gli effetti del sisma. I terreni superficiali, prevalentemente sabbiosi e saturi d’acqua, sono soggetti al fenomeno della liquefazione. Nei testi coevi si fa riferimento al terreno che diventa sabbia mista ad acqua bollente. In realtà si tratta solo di un effetto visivo, perché l’acqua non bolle realmente. In pratica, a seguito del passaggio delle onde sismiche, accade nel sottosuolo ciò che succede quando mettiamo dentro un secchiello della sabbia molto bagnata ed agitiamo il recipiente, cosicchè l’acqua viene a giorno come se bollisse. Quando si verifica questo fenomeno le fondamenta degli edifici perdono completamente l’aderenza con il terreno, provocando il ribaltamento o l’inclinazione su un lato del fabbricato. 
L'altro fenomeno particolare riguarda le acque delle zone paludose che sono scosse ed agitate dalle onde sismiche. Nell’intera area della Valle Padusa si registrano onde anomale, seppur di modesta altezza, ma tali da abbattere argini ed invadere le campagne. In quel periodo ad Argenta vivono circa tremila persone e la cittadina possiede una conformazione urbanistica tipicamente medioevale, con mura perimetrali e torri. Circa il 30% delle costruzioni viene distrutto o lesionato gravemente dal sisma mentre le acque, pur allagando le vie, non provocano gravi danni. La leggenda popolare vuole che le onde si siano improvvisamente arrestate in prossimità del Santuario della Beata Vergine della Celletta, rimasto intatto. A perenne ricordo del miracoloso intervento mariano, si tiene ancora oggi una solenne processione.

Figura 2: La distribuzione delle intensità macrosismiche registrate per il 
terremoto che colpì la Tuscia nel 1695, provocando grave distruzione a 
Bagnoregio ed uno tsunami nel Lago di Bolsena (da INGV - Sezione 
Milano-Pavia. Consultabile all'indirizzo internet: www.emidius.mi.
Quello di Argenta rimane lo tsunami di acque interne più importante mai registrato nel nostro paese, ma non l'unico. Dopo appena 70 anni infatti,  per la precisione l'11 giugno 1695, un terremoto sconvolge la cittadina di Bagnoregio, nella Tuscia, Lazio settentrionale (Fig. 2). Il sisma, di magnitudo macrosismica stimata 5.7, provoca gravi danni nella frazione di Civita di Bagnoregio, poi abbandonata dagli abitanti, dove l'intensità macrosismica stimata raggiunge il grado IX della Scala MCS: qui tra l'altro rimangono semidistrutti la Cattedrale ed il Palazzo Vescovile. Si registrano danni significativi anche a Bagnoregio, Orvieto ed i borghi circostanti (Lubriano, Celleno, S. Michele). La scossa viene nettamente avvertita anche a Viterbo e Roma. In totale, data anche la scarsa urbanizzazione della zona colpita, si contano circa 200 vittime. Risulta questo, confermato da varie testimonianze scritte locali, il terremoto più forte mai avvenuto nell'area: talmente forte da provocare anche uno tsunami nel Lago di Bolsena, con le acque che invadono le campagne circostanti per circa 2 km. Alcuni storici locali parlano di onde alte almeno 3 metri, ma si tratta di un dato che non può avere conferma scientifica. Non è chiara neppure l'origine di questo tsunami che potrebbe anche essere collegata allo sviluppo di una grande frana subaerea e/o sottomarina, innescata dalle scosse sismiche, la quale avrebbe generato le onde.

Figura 3: Il ramo occidentale del Lago di Como sarebbe stato 
interessato da due tsunami nel VI e XII secolo. Le frane sub-lacustri,
originatrici delle onde anomale, si sarebbero sviluppate nella zona 
contrassegnata dalla A. La freccia celeste indica lo scivolamento dei 
sedimenti verso il fondo del lago (B). Le frecce fucsia il movimento 
delle onde che avrebbero raggiunto Como (C). Alcuni studiosi 
ritengono possibile il ripetersi del fenomeno in un prossimo 
futuro (modificato da: GoogleMaps).
Esempi di questa particolare fenomenologia, pur sporadici, hanno comunque provocato effetti importanti sul territorio, in particolare in Svizzera e nel nord Italia. Nell'anno 563 un'enorme frana provocò onde alte 10 metri nel Lago Lemano dove Ginevra venne invasa dalle acque, con decine di morti. Nel 1601, a seguito di un sisma di Magnitudo stimata 6.2, furono il Lago dei Quattro Cantoni e Lucerna a subire la furia delle acque. Sempre in Svizzera, nel 1806 le onde provocate da una frana uccisero più di 450 persone sulle sponde del lago di Lauerz. In Italia, se il caso più celebre è quello del Vajont nel 1963, studi recenti hanno dimostrato che nel Lago di Como, in particolare nel suo ramo occidentale, si sarebbero verificate due grandi frane, all'inizio del VI secolo e verso la metà del XII secolo, originate probabilmente da terremoti. Casi analoghi, se ripetuti oggi, potrebbero generare onde alte diversi metri, con gravi conseguenze per l'abitato di Como (Fig. 3). Nel Lago Maggiore, invece, nel 1867 il cedimento di un versante, probabilmente causa un avvallamento di sponda, generò 17 morti nel pittoresco borgo di Feriolo. Il 23 marzo 1960, a seguito di un sisma con epicentro nella regione svizzera del Vallese, gli imbarcaderi di Intra e Pallanza furono invasi da onde anomale che provocarono diversi danni. Scosse sismiche, con epicentro nei pressi di Monte Baldo e Salò, sono alla base anche di alcune oscillazioni del moto ondoso registrate nel lago di Garda, rispettivamente nel 1866 e nel 1901.
Le rive dei laghi italiani, causa l'intensa urbanizzazione, mostrano oggi una vulnerabilità non trascurabile al possibile ripetersi di fenomeni simili a quelli descritti. La ricostruzione storica di questi disastri, per quanto complessa e difficile, è interessante, perché ci fa comprendere quale sia stata l’evoluzione geologica della penisola e dove si sono verificati eventi potenzialmente pericolosi, talvolta singolari, i quali per la loro bassa frequenza di accadimento si perdono nella memoria dell’uomo.

Riferimenti bibliografici
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